domenica 29 settembre 2013

Per Giannino Orengo

Targa dedicata a Giannino Orengo
foto di Giovanni Allavena

Ieri pomeriggio, a Pigna, si è svolta la cerimonia di inaugurazione di una targa dedicata a Giannino Orengo, poeta e cultore pignasco scomparso prematuramente nel 2004. Nei piccoli paesi le persone che si occupano della cultura locale rivestono sempre una certa importanza: nello scorrere del tempo, i loro componimenti, le loro ricerche, la loro sensibilità diventano un patrimonio per la collettività.

Alessio Pastor, lo scultore

La targa in ardesia inaugurata riporta il testo di una poesia di Giannino ed è stata scolpita da Alessio Pastor alcuni anni or sono: oggi ultranovantenne ha potuto assistere meritatamente alla posa della sua opera, frutto di un lavoro certosino e di un grande gesto nei confronti di Giannino.
Il testo scelto si intitola Ciagni Beùla (Piangi Beùla) e si riferisce ad un'abetaia sita nel territorio di Pigna; il poeta ne descrive la cadente bellezza rispetto al tempo che fu e ne attribuisce la colpa all'inquinamento incalzante. Nel 1990 questa poesia si classificò al primo posto al Concorso di poesia dialettale intemelio U Giacuré.

Le autorità:
Licia Allavena per il comune di Pigna
Fulvio Gazzola sindaco di Dolceacqua
Mons. Barabino Vescovo della Diocesi di Ventimiglia

Alla presenza delle autorità, espletate le formalità di rito tipiche di queste cerimonie, i figli Flavia e Fabio scoprono la targa:


Mariangela, Flavia e Fabio Orengo

di cui, sono certa, sono rimasti senz'altro colpiti per la bellezza, per il valore storico che Pigna ha dato al loro padre e per l'amorevolezza con cui Alessio l'ha scolpita.

Cristoforo Allavena

Cristofino, altra colonna della cultura locale pignasca, procede all'immancabile lettura del testo scolpito e di un'altra poesia di Giannino Orengo, i cui temi prediletti sono il territorio, la natura, gli usi e costumi; va inoltre sottolineata una grande capacità di giocare con le parole, mettendo in rilievo soprattutto le assonanze dei termini e la ricercatezza degli stessi, oltre ad uno spiccato senso ironico.

L'ultimo intervento, il mio!
foto di Giovanni Allavena

Ed infine ecco il mio turno: sì, perché Dolceacqua (paese in cui si sposò) e Pigna hanno istituito il Concorso di poesia dialettale "Giannino Orengo" ed io ne presiedo la giuria: la tutela del dialetto, in una prospettiva di scomparsa dello stesso, è una buona motivazione per impegnarsi a salvaguardare almeno per iscritto ciò che è stato per millenni il tessuto culturale di una comunità. 

 I suoi amici alpini...

...e alcune immagini del folto pubblico presente




 
foto di Giovanni Allavena

Se qualche audace vuole tentare, 
ingrandisca la foto e scopra il pignasco!

Chi ha conosciuto Giannino sa benissimo quanto abbia perso la comunità in termini di cultura, umanità e soprattutto di amicizia.

lunedì 16 settembre 2013

Le Grand Atelier du Midi


L''Associazione culturale A Cria di Vallebona ha organizzato la visita alla mostra Le Grand Atelier du Midi e nella giornata di ieri i partecipanti all'iniziativa si sono recati nelle città di Aix-en-provence e Marsiglia al fine di perseguire lo scopo.
Potrei usare parole mie per descrivere la meraviglia di questa unica-duplice mostra, ma preferisco riportare l'articolo apparso su La Stampa del 17/07/2103, nella rubrica Vieni avanti creativo curata da Carlo Grande, che sintetizza molto bene il tanto che i nostri occhi ieri, hanno potuto vedere:

Monet

"Si può dipingere il vento? Sì, Monet c’è riuscito nel suo “Coup de mistral”, dipinto nel quale tutto freme: gli alberi, il mare di Cap d’Antibes, le vele, case e montagne, immerse in una luce liquida che le scontorna e le fa evanescenti. Succede, nel Midi. Il quadro di Monet è uno dei capolavori esposti a Marsiglia, al Museo di Belle Arti del Palais Longchamp, in occasione di Marsiglia e Provenza 2013, capitali europee della cultura. Duecento opere di Van Gogh, Cézanne, Bonnard, Gauguin, Renoir, Picasso, Matisse e tanti altri, dai musei di tutto il mondo. E’ il trionfo della luce e del colore, è il “Grand Atelier du Midi”: l’espressione usata dal pittore olandese, che sognava una comunità artistica in quei luoghi, intitola le due grandi mostre curate da Bruno Ely e Marie-Paule Vial, fino al 13 ottobre; una a Marsiglia (“L’impero del colore, da Van Gogh a Bonnard”, l’altra al Museo Granet di Aix-en-Provence (“Il regno della forma, da Cézanne a Matisse”). 
Tripudio di natura, vitalità e tragedia; il Sud è l’Arcadia sognata dagli artisti; Vincent immaginò ad Arles un collettivo con l’amico Gauguin: sappiamo com’è finita, un orecchio tagliato e anche peggio. Non importa, bisogna cercare, per non vivere come le mucche in un prato. Van Gogh era sensibile, amava gli animali e ogni forma di vita, anche la più umile; se vedeva in giardino un bruco per terra, dicono, lo raccoglieva e lo posava su un albero. Nei suoi quadri non mancano gli animali, come in quelli di Bonnard; cani e gatti in primis. Fanno a pieno titolo parte del capolavoro Mediterraneo, fatto di luce, mare (e gabbiani invadenti a Marsiglia, grandi come polli); senza contare che poco lontano di qui, la grotta di Cosquer è una Cappella Sistina preistorica di figure zoomorfe: cavalli, camosci, bisonti, uri, cervi, foche, pinguini. Il “Midi” è opulento e pieno di significati. “Baigneuses” e voglia di vivere, Dioniso e demoni meridiani, mito: in mostra c’è anche uno splendido Picasso, “Barca di naiadi e fauno morente”. E’ animali e piante: le palme di Bordighera, accese da Monet come fuochi d’artificio, vedute di boschi e di Ventimiglia. Monet, Cézanne e gli altri dipingono, scrive M. Berger, “illuminano il mondo per i nostri occhi, che non vedono nulla”. Van Gogh sarebbe stato d’accordo: “Coltivare l’amore per la natura – scriveva - è il solo modo per comprendere meglio l’arte”.  

Cézanne

Renoir

Braque

Picasso

Matisse

Van Gogh

Gauguin

Van Rysselberghe

Maillol

Bonnard...

...e tantissimi altri.

E' veramente il Grand Atelier du Midi: merita.


lunedì 9 settembre 2013

Una pentola dai 90 in su

Iole, 90 anni il 7 settembre 2013

La vita ha molti misteri. L'esistenza di ogni individuo è a sé, non ci sono regole o parametri per stabilire i come e i perché di quello che possiamo osservare attorno a noi. Ed è per questo che stupisce quando una persona raggiunge un'età veneranda in buona salute psicofisica, pur essendo nata settimina e subito benedetta con gli oli santi presumendo la sua imminente fine... La nonna cadde, la bimba nacque in conseguenza al trauma; poi la guerra, l'emigrazione dal paese natio e dalla famiglia con grandi disagi ed infine settant'anni di sacrosanto lavoro in campagna senza mai arrendersi. Un'unica degenza in ospedale per asportare le "cipolle" ai piedi e due farmaci quotidiani, uno per la pressione e uno per il cuore, classificabili di routine vista l'età.
Buona, generosa, emiliana, umile, accomodante: merita una bella festa di compleanno con attorno gli affetti più cari. E così è stato. Ognuno si è prodigato per farle un regalo appropriato che ha ricevuto e scartato con quella commozione che non è frequente cogliere in lei. E mentre scartava quei doni io pensavo al valore e al significato che potevano avere per una persona di novant'anni. Non è facile scegliere un regalo per chi ripete continuamente ma io non ho bisogno di niente, però nessuno si è presentato a mani vuote e ogni cosa aveva il suo giusto nesso.
Un prezioso portaritratti le manterrà sempre sotto lo sguardo l'immagine di affetti che vagabondano in questo mondo; le saponette al profumo di neroli le ricorderanno gli anni in cui raccoglieva il fior d'arancio amaro e le userà per insaponare la sua biancheria che continua in buona parte a lavare a mano; la piccola borsa pochette l'accompagnerà la domenica pomeriggio quando si recherà al vespro e poi al caffè con le amiche; il telefonino con i numeri grandi sarà il suo oggetto di sicurezza se acconsentirà ad impararne l'uso; un paio di vestaglie da indossare durante la settimana la riporteranno al nuovo, all'abbandono di abiti che la accompagnano da molti anni.
Il regalo, però, sul quale mi si è posata maggiormente l'attenzione è stato quello della pentola: accidenti, una bella pentola di media misura da usare dai 90 in su! Si sa che in cucina ognuno ha una batteria di casseruole, pentole e padelle che si porta dietro per decenni. Di ognuna conosce l'uso che ne può fare, sa già a priori il gusto del cibo che ne verrà fuori, è tutto acquisito, saputo, dosato... Quegli oggetti sembra ci debbano accompagnare per sempre, immutabili, insostituibili, spesso addirittura tramandati o tramandabili. Ma ricevere una pentola nuova a 90 anni è troppo bello, è un'auspicio alla continuità, al nutrirsi, al vivere, perché una pentola, prima di diventare veramente "tua", necessita di tempo, di uso e deve assumere la particolarità di essere adatta per quelle determinate cose. 
E lei, appena l'ha vista, ha detto: "Ci farò bollire le castagne..." 
Brava mamma, sempre pronta ad intravedere l'utilità e il dinamismo.
Ed infine ecco il regalo delle figlie: la porteremo qualche giorno al paese natale, sull'Appennino tosco-emiliano, dal quale non so se la separino di più i 400 km di strada o gli oltre settant'anni di vita trascorsa in Liguria.
Vedremo.
Intanto buon proseguimento di vita, mamma, e grazie di tutto.